Mer. Mag 15th, 2024

Temi ruggenti, dal femminicidio all’omofobia, presentati attraverso i linguaggi della contemporaneità, per raccontare la società attuale attraverso i pensieri e le emozioni. Sono questi al centro degli ultimi tre mesi del ventesimo anniversario di Teatri di Vita, che coincidono con la prima parte della stagione 2013/14.

Comunicato a cura di: Ufficio Stampa Teatri di Vita

 

Ben 14 appuntamenti di teatro, danza e musica, che attraversano generi, stili, linguaggi, suggestioni, in programma dall’11 ottobre al 15 dicembre 2013, a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; www.teatridivita.it; infoline: 051.566330). Una panoramica ricca e in parte inedita sullo spettacolo contemporaneo, oltre le frontiere stesse della contemporaneità. Un invito al pubblico per unire divertimento e riflessione, anche grazie al basso prezzo dei biglietti (che tocca punte vantaggiosissime nell’abbonamento complessivo a soli 49 euro).

La prima parte si concentrerà maggiormente sulla danza contemporanea italiana, presentando diverse significative esperienze, a cominciare dalle sperimentazioni tecnologiche di Ariella Vidach per continuare con due compagnie come Zerogrammi e Arearea che esplorano le dinamiche del corpo, fino all’appuntamento con il tango argentino proposto da Naturalis Labor, che ogni sera prevede, dopo lo spettacolo, l’apertura di una milonga con la partecipazione degli stessi spettatori che vorranno ballare insieme ai tangueros.

La seconda parte propone l’incontro con alcune tra le più significative esperienze della ricerca teatrale italiana, alcune delle quali tornano a Teatri di Vita a grande richiesta, come Ricci/Forte in una forte e visionaria denuncia dell’omofobia e Accademia degli Artefatti in una rilettura corale dell’opera di Fassbinder. Senza dimenticare l’allucinata riflessione sul ruolo dell’artista nella realtà attuale proposta dall’acclamato Giuseppe Provinzano, e il dittico dedicato alla “Cara Medea” di Tarantino, riproposta in due diverse serate da Teresa Ludovico e da Francesca Ballico.

In mezzo, la rinnovata collaborazione con il festival internazionale Gender Bender, diretto da Daniele Del Pozzo, che quest’anno porta a Teatri di Vita i due premiati poemetti shakespeariani riletti da Valter Malosti, lo spettacolo di danza di Jan Martens e Peter Seynaeve che vede in scena un adulto e un ragazzino, e il concerto dell’eccentrica band inglese The Irrepressibles.

Come ogni anno, Teatri di Vita offre anche una serie di corsi aperti a tutti, e condotti quest’anno per la prima volta da Anna Amadori: corso di recitazione di base; corso di teatro per chi ha già avuto qualche esperienza; corso di dizione e lettura espressiva.

SCHEDE SINTETICHE DEGLI SPETTACOLI

 

11-12 ottobre

“Relais”

progetto a cura di Ariella Vidach e Claudio Prati

coreografia Ariella Vidach in collaborazione con i danzatori

danzatori Annamaria Ajmone, Chiara Ameglio, Roberto Costa Augusto, Pieradolfo Ciulli, Els Smekens

produzione Ariella Vidach – AiEP

 

Il suono degli oggetti manovrati dai performer è la colonna sonora di uno spettacolo che privilegia i sensi del tatto e dell’udito per trasformarli in occasione di danza. Dopo aver approfondito per anni la danza come visione (ne avremo un esempio il 13 ottobre con la performance sulla danza interattiva nell’universo virtuale), Ariella Vidach punta decisamente la sua attenzione verso la musica concreta scaturita dal rapporto tra i suoi cinque danzatori e i materiali con cui vengono in contatto.

Dalla loro entrata in scena, i danzatori interagiscono con i materiali scenografici, contribuendo alla composizione di un’opera musicale collettiva. Lo spazio stesso, gli oggetti scenici, i costumi e i corpi utilizzano la propria natura materica per costruire un dialogo sonoro. Lontano dal concetto di musica come fenomeno organizzato, frutto del “fare artistico”, “Relais” indaga il suono come vibrazione, privilegiando l’aspetto primario e fondamentale. Ogni essere o cosa è musica risuonante, con un particolare ed unico timbro, frutto dell’organizzazione del suo corpo, del suo pensiero.

 

13 ottobre

“BODHI.solo”

seguita dalla lecture “Danza ed interattività: il corpo nell’universo virtuale”

relatori Ariella Vidach e Claudio Prati

performer Ariella Vidach

sistema interattivo INaxyz

produzione Ariella Vidach – AiEP

 

Una performance dimostrativa e una “lezione” per scoprire il mondo affascinante della danza interattiva nell’universo virtuale: una nuova e stimolante frontiera dell’esperienza artistica, che la compagnia della coreografa Ariella Vidach e del videoartista Claudio Prati, una vera pioniera in questo campo, esplora a partire dal 1995.

Si inizia con “BODHI.solo”, una performance con sistemi interattivi, in cui si sviluppa una riflessione sul contrasto che si genera tra il mondo tecnologico e quello legato alla sfera spirituale e alla comprensione profonda del sé. Dopo la performance, Claudio Prati e Ariella Vidach illustrano, con brevi dimostrazioni e l’ausilio di proiezioni video, le tappe e le tecnologie più significative della sperimentazione che da anni contraddistingue il loro lavoro: l’uso e lo sviluppo di strumenti interattivi applicati alla composizione coreografica. La serata presenta lo “stato dell’arte” nello sviluppo delle tecnologie interattive applicate alla danza ed alla performance, passando in rassegna, attraverso la visione di estratti video degli spettacoli più significativi, le produzioni e le varie linee di ricerca espresse in dieci anni di sperimentazione ”interattiva” dalla compagnia.

 

18-20 ottobre

“Passion tango”

regia e coreografia Luciano Padovani

tangueros Tobias Bert y Loredana De Brasi, Marcelo Ballonzo y Elena Garis

musica dal vivo con Lumière de tango (bandoneon Marco Fabbri, pianoforte Stefano Giavazzi, flauto Cristina Bertoli)

con musiche di Piazzolla, Di Sarli, De Angelis, Pugliese, Stamponi, Bardi

produzione Compagnia Naturalis Labor

 

A SEGUIRE venerdì 18 e sabato 19: MILONGA aperta a tutti.

Sala Tondelli si trasforma in sala da ballo per tutti i milongueros che vogliono ballare, in compagnia dei tangueros dello spettacolo. Musicalizador: Luc. Con tandas y cortinas tipicas.

 

Unire due corpi in uno, in un fremito di passione. È l’ illusione che regala il tango con il suo gioco di gambe che si allacciano in ganci e mezzelune, di piedi che disegnano semicirconferenze complementari sulla pista della milonga, di teste che si confrontano in un unico profilo.

Luciano Padovani riporta in scena il Tango, quello vero, autentico, coniugato – come sua abitudine ormai – con le invenzioni sceniche e drammaturgiche che da anni contraddistinguono il suo lavoro di coreografo.

 

25-26 ottobre

“Trattato della lontananza”

regia e coreografia Emanuele Sciannamea

con Pieradolfo Ciulli, Roberta de Rosa, Stefano Roveda

produzione C.ie Zerogrammi

 

La lontananza e il tentativo di stabilire una vicinanza con l’altro: da un vero e proprio trattato, scritto da Antonio Prete, uno dei massimi studiosi di Leopardi, prende forma uno spettacolo di danza. Al centro tre danzatori e il loro bisogno di lontananza e vicinanza. La struttura dello spettacolo, attraverso i continui incontri, scontri, tra gli interpreti, mette in evidenza l’incapacità, dettata dall’orgoglio, dalla paura, dall’insicurezza, dall’ignoranza, di offrirci all’altro con purezza, senza filtri, senza tirare fuori i denti di una maschera che se noi stessi potessimo guardare, spaventerebbe.

La compagnia di teatrodanza Zerogrammi è stata costituita nel 2006 dai coreografi e danzatori Stefano Mazzotta e Emanuele Sciannamea, entrambi diplomati presso la Civica Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano. Dal 2012 C.ie Zerogrammi è attiva presso la sua nuova sede torinese, LUFT, uno spazio creativo dove la compagnia ospita attività produttive, formative, performative e residenze artistiche.

 

27 ottobre

“Lo stupro di Lucrezia”

uno spettacolo di Valter Malosti

dal poema di William Shakespeare

interpreti Valter Malosti, Alice Spisa, Jacopo Squizzato

produzione Teatro di Dioniso

 

presentato in collaborazione festival internazionale Gender Bender – Teatri di Vita

visione consigliata solo a un pubblico adulto

 

La storia di come Tarquinio stupri Lucrezia, invasato di lei dopo le lodi del marito Collatino all’interno di una bizzarra gara tra generali, e di come il suicidio della vittima spinga il popolo romano a ribellarsi e a liberarsi dal giogo della tirannia monarchica, era stata succintamente narrata da Tito Livio e Ovidio e poi da Chaucer. In Shakespeare la voce di Lucrezia si dilata e diviene uno dei più alti esempi di meditazione sulle conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna, attraverso un’ingegnosa serie di lamentazioni, introspezioni, allegorie, invettive contro il Tempo, la Notte, l’Occasione, e in una ekphrasis che è capolavoro assoluto: la descrizione di un quadro di argomento troiano, memore forse di Giulio Romano e di Mantova, in cui il sacco della città diviene specchio della sua propria violazione.

In scena i protagonisti sono due giovani attori appena diplomati alla Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino diretta dallo stesso Malosti, Alice Spisa e Jacopo Squizzato, cui è richiesto un lavoro fisico e verbale violento ed estenuante, dentro una partitura sonora inquieta e multiforme. I corpi presentati nella loro crudezza ed evidenza appaiono come imprigionati in una sorta di ring/tribunale, un universo concentrazionario circondato da microfoni, spiati da un ambiguo narratore-voyeur che si sovrappone lentamente alla figura del marito di Lucrezia, Collatino, cui dà voce e ombre Valter Malosti.

 

28 ottobre

“Shakespeare / Venere e Adone in concerto”

uno spettacolo di Valter Malosti

dal poema di William Shakespeare

in scena Valter Malosti e Daniele Trastu

coreografie Michela Lucenti

produzione Teatro di Dioniso, Fondazione Teatro Stabile di Torino, Residenza Multidisciplinare di Asti

 

presentato in collaborazione festival internazionale Gender Bender – Teatri di Vita

 

“Shakespeare / Venere e Adone in concerto” è la versione “disidratata“ (ovvero senza scena, se non quella sonora) dello spettacolo, tratto dal poemetto shakespeariano “Venere e Adone”, che nel 2009 ha vinto il premio alla regia dell’associazione Nazionale Critici di Teatro (ANCT). In scena Venere, la dea/macchina/attore en travesti (dea ex machina nonché sex machine) diventa anche Narratore e voce di Adone, divorando così tutte le identità narranti. “Il montaggio fonico attinge alle fonti acustiche più disparate, ai suoni della quotidianità sovrapposti a frequenze elettroniche e distorsioni, filtrando il tutto con musica elisabettiana e contemporanea” (Valter Malosti).

 

30 ottobre

The Irrepressibles – Nude: Landscapes

concerto

presentato in collaborazione festival internazionale Gender Bender – Teatri di Vita

 

Sono la band più sofisticata e sorprendente del panorama inglese: The Irrepressibles, guidati da Jamie McDermott, arrivano a Bologna nell’ambito del loro tour “Nude: Landscapes”, una suggestiva immersione nella loro musica, nei loro testi dalle tematiche gay e nella loro spettacolarità.

The Irrepressibles sono stati definiti dal Sunday Times “an enchantingly theatrical pop extravaganza”. Ogni concerto dell’ensemble è un vero e proprio evento, tra barocchismi, pop art e cabaret visionario. Il loro sound è debitore di nomi quali David Bowie, Antony and The Johnsons e Kate Bush. “Nude: Landscapes” è il primo dei 3 nuovi EP della band che prosegue così il nuovo percorso intrapreso con l’album “Nude”, caratterizzato da sonorità più dark elettroniche e arrangiamenti che si ispirano di volta in volta a Phil Spector, The Flamingos, Neil Young e Abba.

 

1-2 novembre

“Victor”

di Jan Martens & Peter Seynaeve / CAMPO

con Viktor Caudron & Steven Michel

produzione CAMPO

coproduzione Frascati Producties (NL), TAKT Festival Dommelhof (B), ICK & JAN (sostenuto da Antwerp City Council)

in associazione con Theater Zuidpool – Antwerp (B)

 

presentato in collaborazione festival internazionale Gender Bender – Teatri di Vita

unica tappa italiana

 

Un uomo e un bambino danno vita a un duetto di corpi. Il primo ha già percorso un lungo cammino; il secondo vuole crescere il più in fretta possibile. Il risultato è una schermaglia – intima e coinvolgente – di muscoli, una prova di potere giocata con armi impari. A fronteggiarsi sono la grandezza e l’onestà, la forza e l’innocenza, che in fondo non desiderano altro che incontrarsi a metà strada. Victor è frutto della collaborazione tra il regista teatrale e attore Peter Seynaeve e il coreografo e ballerino Jan Martens, entrambi belgi e al loro primo lavoro insieme. Il primo è il direttore artistico della compagnia JAN, con la quale ha plasmato un’idea di teatro minimalista, con opere come Je ne comprends pas (2006), Thierry (2007), cement (2008), Mondays (2009) e betty & morris (2011). Il secondo si è esibito come performer con Koen De Preter‚ United-C‚ Mor Shani e Ann Van den Broek, per poi iniziare nel 2009 un percorso di ricerca coreografica personale, che coniuga un approccio concettuale nella forma a una narrazione teatrale accattivante. La sua opera più importante è I Can Ride A Horse Whilst Juggling So Marry Me (2010) un lavoro che ritrae una generazione di giovani donne in una società dominata dai social network.

 

8-9 novembre

“Innesti_il corpo tecnico”

danzatori Marta Bevilacqua, Anna Giustina, Valentina Saggin

coreografia e regia Marta Bevilacqua

produzione Arearea 2010

 

Il “corpo tecnico” è il corpo che si evolve e affronta le complessità. Ecco, allora, uno spettacolo di danza che lavorando sul corpo ne individua le alterazioni, fino alla clonazione, al termine di una trilogia che la compagnia friulana Arearea ha dedicato al corpo che si nega e alla cultura del corpo nella nostra epoca. Dopo “Reliquia_il corpo santo” e “Nervi_il corpo eroico”, ecco infatti la technè che modifica il corpo stesso verso nuovi orizzonti.

“Innesti” parla di un corpo che affermandosi progressivamente si nega. “Innesti” affronta il tema della modificazione, della moltiplicazione, dell’inserimento che trasforma. Il corpo è tecnico in quanto è il territorio sul quale interviene la technè. La tecnologia, in questo lavoro, è solo una breve declinazione della tecnica. Oggi diamo alla tecnica il potere di omologare e di renderci seriali. Abbiamo incaricato il volto di rappresentare la soggettività. Ne consegue che il corpo tecnico è un corpo sfigurato, animale solo nel senso di disumano. “Innesti” è il frutto di un sentimento di imbarazzo e di sottile inadeguatezza…

 

15 novembre

“Piccola Antigone e Cara Medea”

di Antonio Tarantino

regia Teresa Ludovico

con Teresa Ludovico e Vito Carbonara

produzione Teatro Kismet OperA

 

Con “Cara Medea” e “Piccola Antigone” Antonio Tarantino riporta i miti nella nostra storia recente, nei sobborghi di città degradate o distrutte dalla guerra. Il risultato è un viaggio in quella modernità che ci abita, ci lacera e ci pone tante domande, una per tutte: l’altro. Le protagoniste di queste storie vomitano parole feroci e banali per sfuggire, spesso, al dolore di un vivere quotidiano che le stringe in una morsa inesorabile e le paralizza. “Piccola Antigone” è la storia di una prostituta che incontra un cliente che si svelerà essere poi Edipo, suo padre. In “Cara Medea”, la protagonista è un’ex deportata, rinchiusa in un lager dopo aver ucciso i figli, che percorre un’Europa post bellica per raggiungere il suo Giasone a Pola.

 

16-17 novembre

“Cara Medea”

di Antonio Tarantino

regia di Francesca Ballico

con Francesca Ballico

 

Medea la barbara, la straniera, porta la voce di lingue sconosciute, la ferita della carne degli uccisi, il sacrificio dei figli, fatti a pezzi per Giasone, il moderno, lo scaltro, il pragmatico. Nella versione di Antonio Tarantino dietro i nomi del mito si arrabattano due disgraziati, offesi dalle guerre, rovinati dal vino cattivo, e dalle prestazioni sessuali consumate tra i camion nelle strade di frontiera. La mia Medea non riesce a farsi capire, il suo linguaggio diventa ridicolo come l’ostinazione a comunicare il suo orgoglio, la vanità di avanzi di seduzione, la rabbia, le sue inutili recriminazioni ad un Giasone altrettanto impotente, che le spilla due lire tra i campi di confino. Una babele di lingue che che segna il cammino di migrante, tra le guerre che hanno dilaniato i confini dell’Europa. Parole sconosciute che si affastellano, si sbriciolano progressivamente fino a diventare sillabazioni inopportune, grottesche. Inadeguate al racconto. La linea cade, la comunicazione si interrompe, e riprende in un flusso caotico, dal quale traspare la storia di due eroi di rango più basso, una storia che non ha asilo nel mondo civile, che non sa difendersi, risibile. Seguirò il suo cammino tra i confini, sbriciolando il Polacco, il Friulano, il Croato, l’Albanese, il Rumeno, e il Russo e l’Italiano sgraziato e inopportuno di chi adesso qui, racconta le sue improponibili vicende tra una fellatio e l’altra. Un modo questo, di usare la bocca e farsi capire ovunque. (Francesca Ballico)

 

22-23 novembre

“Sangue sul collo del gatto”

di Rainer Werner Fassbinder

traduzione Roberto Menin

regia Fabrizio Arcuri

con Miriam Abutori, Michele Andrei, Matteo Angius, Emiliano Duncan Barbieri, Gabriele Benedetti, Fabrizio Croci, Pieraldo Girotto, Francesca Mazza, Fiammetta Olivieri, Sandra Soncini

produzione Accademia degli Artefatti

co-produzione Teatro di Roma, “Festival Post Paradise fassbinder Now”,

Residenz Theater/Marstall Theater (Monaco)

 

Un’aliena capitata sulla terra osserva gli esseri umani e li imita svelandone vuoti e ipocrisie: così Fassbinder raccontava l’avventura di Phoebe Zeitgeist nella sua opera teatrale del 1968 “Sangue sul collo del gatto”. Per la prima volta Fabrizio Arcuri e Accademia degli Artefatti si confrontano con l’autore tedesco.

Il racconto di un fatto di cronaca o la descrizione di un esperimento fantascientifico? La drammaturgia di un gioco teatrale o la sceneggiatura di una docufiction? Una spiegazione del mondo o la rivelazione della sua spiegazione impossibile? E’ un testo, quello di Fassbinder, semplice solo per struttura narrativa. Per il resto è una vicenda che aspetta di essere risolta. E questa risoluzione non potrà che essere sempre approssimativa, precaria e indefinibile. Una risoluzione continuamente consumata e insieme rimandata, che, per la sua prima natura di fatto teatrale, impone di essere condivisa con il pubblico. Il testo di Fassbinder ha, in questo senso, la forma di un thriller socio-linguistico, il cui scioglimento avviene nell’attualità, sempre uguale e sempre diversa, della replica spettacolare.

 

28-30 novembre

“To play or to die

…this is the question… today”

scritto e diretto da Giuseppe Provinzano

con Chiara Muscato, Giuseppe Provinzano

produzione Babel crew, CSS Teatro Stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia

 

Ma questo “Amleto” si fa o no? E che senso ha fare “Amleto” quando il teatro non ha più il peso di un tempo? Che senso ha fare ancora teatro?

Scompaiono festival, si assottigliano le stagioni, si diradano le produzioni, saltano i contratti e le scritture. Anche il teatro di questi tempi non se la passa bene. Ma da qualche parte ci sono ancora almeno due attori che vogliono fare un Amleto e si aggrappano alle immagini e alla poesia di Shakespeare, si fanno scudo con il pensiero lucido e non rassegnato di Heiner Müller, pronti a tutto pur di andare in scena. Determinati a sostituire tutti i compagni attori che hanno lasciato la compagnia causa crisi contingente, quasi in una tranche che li spinge a interpretare via via tutti i ruoli dell’Amleto, moltiplicando il suo portato di opera di teatro nel teatro.

Con questo spettacolo, l’artista siciliano Giuseppe Provinzano immette nuovi sensi alla saga famigliare di Amleto, con divertenti incursioni nella cultura pop contemporanea, una recitazione senza orpelli e uno sguardo sulla cultura e la bellezza che suona sincero e urgente.

In forma di studio, lo spettacolo ha vinto il Premio dei Giornalisti di Giovani realtà del teatro 2011 e la Menzione speciale del Premio Dante Cappelletti 2010.

 

13-15 dicembre

“Still life”

con Anna Gualdo, Giuseppe Sartori, Fabio Gomiero, Liliana Laera, Francesco Scolletta

drammaturgia ricci/forte

movimenti Marco Angelilli

regia Stefano Ricci

 

Massacro a cinque voci per una vittima. Il bullismo omofobico è il tema del lavoro “”Still life” presentato per il ventennale del Festival Garofano Verde al Teatro Argentina di Roma: un evento civile nel Teatro della città, un contributo dell’ensemble ricci/forte per tentare di combattere la discriminazione identitaria. Un “omaggio” per ricordare l’adolescente romano, uno dei tantissimi, che si è tolto la vita impiccandosi con la sua sciarpa rosa.

Metti un’età dell’uomo, l’adolescenza, quando cominci a formare un’identità ma hai bisogno di stabilire una rete sociale. Metti la Fantasia, che ti attraversa da sempre e vorresti abitarla come la più intima delle tue stanze. Metti l’ignoranza degli altri, il timore del differente, l’angoscia bovina che non ci sia un ordine preciso sulla Terra. Metti un colore, il rosa, da sempre sinonimo falso di femminilità, di morbidezza emotiva. Metti lo sconforto, quando sei solo e sospetti che il dono sia condanna. Metti il buio, più facile di qualunque sberleffo. Metti tutto insieme e il risultato sarà l’Olocausto.

Il tema della discriminazione, del mobbing psicologico identitario che determina la repressione dell’immaginazione e spinge all’auto annientamento. Una vertigine per illustrare un germe che si annida ovunque ma che proprio nei licei scolastici, in quell’età in cui ogni futuro sembra possibile, stabilisce il suo paradosso smascherando i perimetri del gregge che diventeremo.

 

TEATRI DI VITA

Centro Internazionale per le Arti della Scena

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