Gio. Apr 25th, 2024

La Terra vista dall’aliena: vuota, cinica, disperata. E’ così che la realtà e le relazioni umane si mostrano all’extraterrestre Phoebe Zeitgeist, piombata in mezzo a noi per imparare i nostri costumi. Lo racconta Rainer Werner Fassbinder nel 1968 in una cruda e spietata opera teatrale dal titolo “Sangue sul collo del gatto”, che si trasforma in girotondo corale nell’interpretazione dell’Accademia degli Artefatti, con la regia di Fabrizio Arcuri, in scena, venerdì 22 e sabato 23 novembre, ore 21, a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna; www.teatridivita.it; infoline: 051.566330). Uno spettacolo di drammatica intensità, venato di rimandi pop e kitsch alla cultura americana, che punta a rileggere le emergenze della contemporaneità attraverso le parole dell’autore tedesco.

Comunicato a cura dell’Ufficio Stampa di Teatri di Vita

 

Un’aliena capitata sulla terra osserva gli esseri umani e li imita svelandone vuoti e ipocrisie: così Fassbinder raccontava l’avventura di Phoebe Zeitgeist nella sua opera teatrale del 1968 “Sangue sul collo del gatto”. Per la prima volta Fabrizio Arcuri e Accademia degli Artefatti si confrontano con l’autore tedesco.

Il racconto di un fatto di cronaca o la descrizione di un esperimento fantascientifico? La drammaturgia di un gioco teatrale o la sceneggiatura di una docufiction? Una spiegazione del mondo o la rivelazione della sua spiegazione impossibile? E’ un testo, quello di Fassbinder, semplice solo per struttura narrativa. Per il resto è una vicenda che aspetta di essere risolta. E questa risoluzione non potrà che essere sempre approssimativa, precaria e indefinibile. Una risoluzione continuamente consumata e insieme rimandata, che, per la sua prima natura di fatto teatrale, impone di essere condivisa con il pubblico. Il testo di Fassbinder ha, in questo senso, la forma di un thriller socio-linguistico, il cui scioglimento avviene nell’attualità, sempre uguale e sempre diversa, della replica spettacolare.

Una decina di persone raccontano la propria vita, intessendo una trama di relazioni con se stessi e con gli altri che allude a un’idea di umanità; ad ascoltarli un’aliena venuta dallo spazio, che apprende la lingua umana nel momento stesso dell’ascolto. Il suo intervento finale sarà insieme il racconto delle distorsione umane e la distorsione dell’umana realtà.

In questo testo si raccoglie tutta la realtà e insieme la sua trasfigurazione, immaginifica e filosofica: il macellaio, il maestro, il poliziotto, l’amante e l’amata, Hegel, l’alieno. I monologhi con cui ognuno racconta di se stesso la decisiva incapacità di comunicazione e insieme una certa irrudicibilità di un dialogo interiore. Sono monologhi all’interno dei quali dialoga tutta una società. Il testo diventa la possibilità materiale di un incontro/scontro di civiltà: realtà, diverse e particolari, che emergono, l’una dall’altra, e si sovrappongono, s’intrecciano, una sull’altra.

«Adesso vogliamo leggere il contemporaneo con altri testi e altri autori, che del contemporaneo ci sembrano ancora interpreti straordinari. Questo con Fassbinder e Brecht (Orazi e Curiazi e Fatzer) non è un incontro occasionale, o recente: è, in qualche modo, la soddisfazione di un’attesa. In particolare la poetica, dura, necessaria di Fassbinder incarna il senso di un teatro, che è politico o non è, anche quando non parla “politico”. Fassbinder, come Pasolini, illumina e scandalizza il suo presente. Fassbinder, come Pasolini, illuminerebbe e scandalizzerebbe il nostro. È una questione non solo d’impegno lucido, ma anche di sentimento spudorato».

 

Accademia degli Artefatti si forma all’inizio degli anni Novanta. Dopo un periodo di teatro fatto di immagini e di spazi abitati performativamente, dalla fine degli anni Novanta l’urgenza artistica si manifesta in una nuova attenzione alla drammaturgia contemporanea e in particolare anglosassone che, attraverso i testi di Sarah Kane, Martin Crimp, Tim Crouch e Mark Ravenhill, diventa luogo di costruzione e decostruzione del linguaggio stesso, come specchio e trama del reale e dei suoi mascheramenti. Da sempre la compagnia ha investito, olre che nella produzione artistica, anche nella diffusione e organizzazione di festival e rassegne, che fossero luogo di esposizione e di confronto per realtà emergenti italiane e internazionali: Extra-ordinario a Roma (1996), Crisalide a Forlì (dal 1997 al 1999), Le notti bianche del Mittelfest (2001). Dal 2006 organizza Short Theatre e cura la direzione artistica dell’officina culturale AREA06 del Lazio. Nel 2005 vince il Premio Ubu per la migliore proposta drammaturgica straniera con “Tre pezzi facili” di Martin Crimp. La compagnia è vincitrice del Premio della Critica Teatrale 2010.

Fabrizio Arcuri è il fondatore, direttore artistico e regista di tutte le produzioni di Accademia degli Artefatti. Ha lavorato come regista assistente di Luca Ronconi dal 2005 al 2008. Nel 2011 vince il Premio Hystrio alla regia. Inoltre dal 2006 è direttore artistico del festival Short Theatre per il Teatro di Roma, dal 2009 è curatore del festival Prospettiva per lo Stabile di Torino, e attualmente è co-direttore artistico del Teatro della Tosse di Genova per il triennio 2011-2013.

 

TEATRI DI VITA

Centro Internazionale per le Arti della Scena

Via Emilia Ponente 485 – 40132 Bologna – Italia

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