Ven. Apr 19th, 2024

La pittura di Gianni Rossi ha come fondamenta la ratio geometrica. In altri termini tutta la sua ricerca affonda le radici nell’humus euclideo ed è da qui che essa prende la sua linfa. Ma, come avviene nella natura, i frutti che scaturiscono da tali radici sono ben diversi da quelli più canonici relativi alla tradizione dell’astrazione geometrica. Infatti, se si sono dipanati (ormai è un secolo) nelle declinazioni che vanno, grosso modo, dal Concretismo all’Arte Madì, passando per i russi Suprematismo, Costruttivismo, Prunismo, l’olandese Neoplasticismo, i francesi Cercle et Carré, Abstraction-Création, Réalitès Nouvelles, Groupe Espace, le percettiviste Recherches Visuelles, nonché per i nostrani Astrattismo lombardo, la romana Forma1, il fiorentino Astrattismo Classico ed il diramato Movimento Arte Concreta (MAC), che, formatosi a Milano, ebbe diramazioni a Torino, Chiavari, Roma, Napoli e Catania, i frutti dell’arte aniconica attuale sono, quali più quali meno, intrisi di memorie e soluzioni note e consacrate. Ed è dal peso da un lato e dall’altro dalle innovazioni (e stavo per scrivere: tradimenti) che derivano le singole declinazioni più o meno personalizzate.

Il lessico di Gianni Rossi appartiene al versante delle innovazioni personalizzate, come s’addice ad un artista che s’è formato a Napoli, la città di Renato Barisani, Lucio Del Pezzo, Mario Persico, tanto per fare alcuni esempi di libera e originale creatività.

Infatti egli progetta le sue opere assemblando più tele bianche di differenti misure, per lo più rettangolari, con vari accostamenti che costituiscono di per sé costruzioni geometriche di base, su cui poi dipinge spesso usufruendo delle linee determinate dai bordi accostati. Con tale procedimento, che potremmo assimilare ad un euclideo puzzle minimalista, Gianni Rossi ottiene geometrie cromatiche solcate da una sorta di rettilinee sinopie, che, quando non vengono obnubilate dal colore, entrano in rapporto dialettico con le morfologie ottenute con le stesure del colore.

Ne nasce un connubio di ottica e di virtualità tattili, con cui l’artista napoletano ama talvolta creare scansioni ritmiche, tramite l’accostamento di 4 tele più piccole poste sopra ad una quadrata, com’è in Esperienza sensoriale dello spazio e Luci e colori materia e realtà, opere del 2000, nella prima delle quali la tattilità si concretizza con l’applicazione di lignei cerchietti e un brandello di carta colorata all’interno delle 4 telette.

Del resto, tutta la produzione di Gianni Rossi oscilla tra reificazione di forme geometriche e fisicizzazione delle stesure pittoriche, che si fanno materiche nella parte inferiore sia nelle due opere testé citate che in tantissime successive, talvolta giungendo ora a incrostazioni (Intersecazioni di colore e creatività, Colore dell’immaginazione, Sperimentazione cromatica, 2007) ed ora a escrescenze simili a pustole (Caduta di figura geometrica, 2008; A… ma sarà poi vero che siamo tutti…, 2010; Osa con il colore, 2012). La fisicizzazione delle stesure pittoriche certo derivano dall’esigenza di movimentare le superfici con rilievi, che già nei suoi materici studi su cartoncino nero l’artista campano esperisce in corpore coloris, come finestre che si aprono in stanze buie. E non ci si stupisca del mio insistere sul corpus nei miei richiami, dettatimi dal fatto innegabile che tutta la pittura di Rossi è sostanzialmente corporale, o, se si preferisce, corporata. Tuttavia l’esprit de géometrie che, nonostante tutto governa il suo “navegar pitoresco”, fa sì che egli sul corpo delle stesure materiche spesso ami incidere o far emergere quadrati, sia su giallo (Ritratto di città contemporanea, 2011) che su verde (Il tempo che si manifesta, 2007), triangoli, su giallo (Intersecazione di colore e creatività, 2007), ma anche su azzurro, com’è in Il riaffiorare del segno 2, composta di una tela cm. 130×80 + 2 tele cm. 35×80, in cui sulla parte gialla invece è inciso un tronco trapezio, mentre nel lato destro di Osa con il colore (2012) una sezione di cerchio s’accampa sul giallo attraversato da bande rosse e di carta colorata. Altrove Rossi ama pettinare con serpentine incatenate il fondo giallo al centro del quale è incastrato un motivo verticale formato da un rettangolo su un quadrato con all’interno un triangolo diviso dalla parte terminale della banda che dall’alto taglia l’intera composizione in rosso, blu e gialli (Sussulto di coscienza, 2010).

D’altronde, come avviene nel parlato di ciascun individuo, nel lessico di Gianni Rossi ricorrono frequentemente alcuni termini e intercalari, per cui la verticale banda (forse ottenuta con la rotazione di 90° di quella orizzontale che divideva orizzontalmente un’opera del 2004, quale Opus alchemico sigillo dell’esistenza) è ricorrente, con declinazioni differenti, pure nello medesimo anno: in Piega formale di una emozione (2006) scende dall’alto più snella ed a punta in carta vetro e stoffa, dividendo la composizione, mentre nel coevo Testimonianza temporale del colore la divisione è più articolata in quanto ai lati della più larga banda azzurra altre corrono parallelamente ai due lati, alternando l’azzurro con il violetto del fondo, per non dire delle altre varianti in Metamorfosi di un lepidottero del 2007 ed in A… ma sarà poi vero che siamo tutti… del 2010.

Naturalmente le strutturazioni di questi elementi si differenziano per “colloqui” e connubi di motivi euclidei e cromatici.

Ed a proposito di connubi, il discorso del nostro pittore va molto oltre. Poiché non c’è dubbio che combinando astrattismo geometrico e materismo informale, egli non esita, sempre per meglio esprimere i due momenti del suo sentire (quello “loico” e quello istintuale), a spingersi alle soglie del neodadaismo con gli inserimenti di stoffe, strisce di pellicole Kodak, legni sagomati, carta colorata, carta vetro ed altro ancora, come se il suo “costruttivismo” di base gli abbia fatto riaffiorare, con gli aggiustamenti dovuti al suo temperamento, echi del Costruttivismo russo.

Comunque va precisato che le sue soluzioni spesso si fanno unificanti, tanto che i rettilinei solchi dei bordi delle tele accorpate non di rado vengono riveduti e corretti dagli andamenti dei suoi motivi geometrici (si vedano, ad esempio, una delle più gaie e dinamiche sue opere, in virtù della grande svirgolata rossa in legno e carta colorata, cioè De…Costruzione dell’oggetto e della sua azione, 1998-99, ma anche Esperienza sensoriale dello spazio, 2000, in cui la rettilinea banda rossa, che, dopo aver seguito da destra la base delle telette dipinte in azzurro, all’improvviso scivola e risale angolarmente, rubando un po’ del loro azzurro, e L’essere e il divenire dell’emozione, 2004, per le bande verticali che presentano un simile sussulto angolare). L’opera del 1998-99, da me pubblicata anche sul tomo II di Generazione anni Quaranta della mia Storia dell’arte italiana del ‘900, instrisecamente denuncia il background grafico anni Ottanta da cui proviene il discorso pittorico di Gianni Rossi. Anche quest’aspetto, cioè il temperamento grafico, si amalgama alla perfezione con il innegabile temperamento cromatico.

Non bastasse, in altri lavori le oscillazioni tra pittura e inserti oggettuali convivono in perfetti amalgami strutturali, tanto che si potrebbe parlare di visive rime, non sempre sciolte, tra fisicità e planarità policromatica, sempre sub specie geometriae, soggetta alla coazione a ripetere stilemi, morfemi, soluzioni, tecnica e scarti geometrici, che, tutto sommato, creano, mutatis mutandis, un discorso di estrema coerenza al di là delle varianti apparenti con cui Rossi inventa nuovi motivi, quale quella sorta di euclideo punto interrogativo, formato dall’ovale rosso posto sotto il verticale rettangolo nella parte destra del dimidiato Strategie contemporanee (2006), ovale che, appunto per l’allusa coazione a ripetere, riaffiora, anche se non così frequentemente come il quadrato ed il triangolo, in altre opere, quali Testimonianza temporale di un colore (2006) e Innamoramento del colore (2010).

Già, il colore.

Gianni Rossi vi insiste, anche nei titoli delle sue opere, in perfetto parallelo con la geometria, osando sia nell’una che nell’altro, anche dichiaratamente (Osa con il colore), nel contesto di un personale discorso che è una risposta al Concretismo e nel contempo alla teosofia mondrianesca ed alla New Abstraction statunitense.

Il corpus dell’intero discorso di Gianni Rossi è articolato, come lo sono le singole opere costruite con più tele. Questa sua scelta mi fa sorgere il sospetto che egli, seppur inconsciamente, abbia voluto ricostruire una personale dimensione euclidea sulle macerie di Euclide: in un mondo in cui è impossibile essere integri e perfetti, soprattutto oggi, egli riaccorpa “membra” euclidee per creare, attraverso la pittura, una nuova visione moderna della geometria. (Giorgio Di Genova)

Biografia

Gianni Rossi nasce il 22 marzo 1944 ad Angri (Sa), dove vive e lavora. Diplomato in Decorazione Pittorica all’Istituto Statale d’Arte, consegue successivamente il Magistero di Belle Arti di Napoli. Espone dal 1968. Esponente dell’arte astratto-geometrica del Sud, ha tenuto mostre personali in Italia e all’estero, ed è presente in numerose collezioni pubbliche e private. Prevalentemente attivo in pittura, ma autore altresì di pregevoli libri d’arte con monotipi, incisioni, serigrafie e di installazioni, l’artista ha svolto fino al 1995 anche una notevole attività di operatore culturale. E’ presente in dizionari e compendi storici dell’arte italiana del secondo dopoguerra.

 

Galleria “Arianna Sartori”

Mantova – via Cappello, 17