Gio. Apr 25th, 2024
Roberta Busato, The Lovers, 2016, terra cruda, paglia, tufo 12x48x26 cm

Galleria 33 presenta Sablier, personale di Roberta Busato a cura di Tiziana Tommei, in mostra fino al 23 ottobre 2016 nella sede di via Garibaldi 33 ad Arezzo.
Dopo aver inaugurato la nuova stagione espositiva con il progetto Pas-tout. Une sélection, una selezione di lavori di artisti trattati dalla galleria, la Trentatré si apre per la prima volta alla scultura. Protagonista è l’opera di Roberta Busato. In mostra opere inedite: forme plastico-architettoniche in terra cruda e paglia, nelle quali domina la materia e, più specificatamente, il processo creativo. Volti e maschere, in una galleria di autoritratti apparentemente fuori dal tempo e dalla storia. Frammenti lirici, sospesi e silenziosi, carichi di ascendenze e rimandi al passato, ma anche saldamente calate nel contemporaneo e, per loro stessa natura, perennemente in divenire.

Roberta Busato, The Lovers, 2016, terra cruda, paglia, tufo 12x48x26 cm
Roberta Busato, The Lovers, 2016, terra cruda, paglia, tufo 12x48x26 cm

La materia, per quanto profondamente identificativa dell’opera di Roberta Busato, non deve essere assunta a principale chiave interpretativa del suo lavoro. L’impostazione architettonica, la rappresentazione del sé, i rimandi all’antico e il non-finito rappresentano aspetti caratterizzanti la sua produzione, che ne permettono una lettura puntuale e corretta, senza però sondarne l’essenza.
Il nucleo, infatti, è il processo.
Solida, compatta e lucida fino a mimare la pietra, la terra cruda per sua stessa composizione “sfarina”, ossia torna nuovamente allo stato primigenio, la sabbia. Tecnicamente l’iter muove dal mattone, che viene ridotto ad argilla, per essere plasmato e assumere nuova forma. Quest’ultima germina e al contempo resta ancorata ai moduli della struttura architettonica che l’ha generata; assume nei tratti quelli di chi la modella e viene, in ultima istanza, innalzata su basamenti di ferro o di pietra. L’assenza della fase terminale di “chiusura” del processo, infine, la consegna nuda al tempo, che la porta così a rinnovarsi ancora in “cenere”. La dimensione temporale è dunque la componente più importante: come in una clessidra, la sabbia si muove da uno stato ad un altro, per poi tornare al primo. Per questo esse devono essere intese quali opere aperte e inserite nel flusso continuo del tempo.
Me, immagine simbolo della mostra, dichiara esplicitamente nel titolo il tentativo di autorappresentazione dell’autrice, aspetto questo che sottende in toto la “collezione dei volti”. In quest’opera l’equilibrio tra forma, struttura e fondamenta assume rapporti insoliti. La scultura è adagiata su di un parallelepipedo in ferro, presenta la radice strutturale in terra cruda ridotta ai minimi termini, nonché un gap misurato tra trattamento di superficie del volto e punto di unione tra questo e il mattone. La rilevanza, sia fisica che simbolica, della linea di demarcazione, tanto evidente e definita nei blocchi strutturali primari – soprattutto negli spigoli – viene rimarcata, ma con un profilo irregolare e scabro, nelle estremità del perimetro del modellato, a contatto con gli elementi pseudo-architettonici (i mattoni). Ad una fase successiva, rappresentata da Lovers, è la pietra grezza, porosa e non levigata a costituire il prolungamento diretto delle “maschere”; ed è sempre il tufo a divenire surrogato della base in ferro in Tower. In queste, e in modo ancora più esemplificativo in Apnea e in The Climber, si dispiega un’inedita orogenesi: la paglia non è più trattenuta, ma libera dalla terra, aggettante ed espansa fino a prevalere in taluni angoli e confini sulla massa solida e definita. I più recenti lavori presentano la forma pura, sospesa, libera dall’ossatura originaria. Nell’ultima serie About the concept of the end i moduli definiti e spigolosi delle prime opere lasciano spazio all’assenza. La plastica, il volume e il peso sono adesso totalmente delegati alla forma. Non è più necessario saldare il nuovo all’entità madre che l’ha generato, cosicché il modellato si rivela nella sua totalità e interezza. In luogo della costruzione viene così mostrato il risultato di un atto di sottrazione: l’artista scava nella materia, lasciando a vista il tergo e abbandonando ogni sorta di copertura o rinforzo.

Roberta Busato nasce a Verona nel 1976. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Carrara, dove si diploma nel 2004 in Pittura con Omar Galliani. Parallelamente avvia la collaborazione con la compagnia teatrale Socìetas Raffaello Sanzio in veste di scenotecnico. Sono anni di studio e ricerca, durante i quali l’artista porta avanti un approccio multidisciplinare, integrando disegno e pittura, scultura e teatro. Un siffatto imprinting alla concezione e sviluppo dell’opera artistica, attraverso il ricorso ad un’eterogeneità di mezzi espressivi, condurrà verso la realizzazione di lavori pittorici, fotografici e video per sfociare poi, nell’ultimo periodo, all’indagine sulla materia plastica. All’origine del più recente ciclo di opere vi è la scoperta della terra cruda, materia primordiale. La scelta di questo elemento, povero ma gravido di storia e altamente simbolico, e il perfezionamento di un iter procedurale tecnico e creativo – di scomposizione e ricomposizione della forma – rappresentano i due momenti fondamentali di una ricerca non esclusivamente plastica e materica, ma estremamente personale e profondamente poetica. Dal 2000 prende parte a progetti espositivi, agli esordi mediante installazione e performance, a seguire con opere fotografiche, fino a che non sceglie esclusivamente la scultura. Ha esposto in collettive a Venezia, Mantova, Lucca, Livorno, Carrara e Bologna. Alcuni dei suoi lavori sono stati selezionati da AJAC e presentati in un group show al Tokyo Metropolitan Art Museum. Tra le più recenti esposizioni si citano: “Il meglio dell’arte italiana figurativa” al MacS, Museo d’Arte Contemporanea di Sicilia, Catania, 2016; “Migrazioni. Contaminazioni culturali tra i popoli” presso Fondazione l’Arsenale, Iseo, 2016; “GAM” a cura di Vincenzo Denti e Gianfranco Ferlisi allestita presso la Casa del Mantegna, Mantova, 2016; “Sablier” a cura di Tiziana Tommei, solo show presso Galleria 33, Arezzo. Vive e lavora a Mantova e Pietrasanta.

La mostra resta visitabile fino al 23 ottobre 2016, aperta da martedì a sabato e la prima domenica del mese con orario 11.00/13.00 e 16.30/19.30.

Galleria 33
galleria33.it